Per molto tempo Adobe è stata sinonimo di software creativo. Ma ora il progresso si rivolge contro il suo stesso autore: mentre l’intelligenza artificiale generativa democratizza i mezzi di produzione, l’azienda si confronta con l’eredità della propria storia di successo.
Prigioniera del proprio sistema
Nel 2013 Adobe cambiò le regole di un intero settore: la Creative Suite, che fino ad allora poteva essere acquistata in modo permanente, fu ritirata – e l’abbonamento divenne la norma. Per gli utenti fu una rottura radicale: la licenza unica lasciò il posto a un canone permanente – chi voleva restare doveva pagare. I canoni mensili sostituirono le vendite una tantum e il prezzo delle azioni salì vertiginosamente per anni. Ma ciò che un tempo garantiva stabilità è oggi diventato un fardello. Il mondo non vuole più possedere o affittare software, ma ottenere risultati. Ed è proprio questo che offrono i nuovi strumenti di intelligenza artificiale – più velocemente, a costi inferiori e spesso con risultati migliori.
Firefly – Bagliore invece di fiamma
Con Firefly, Adobe voleva dimostrare di non aver dormito durante la rivoluzione dell’IA. Ma quella promessa è stata mantenuta solo a metà. La risoluzione è troppo bassa, i risultati troppo sterili e la concorrenza troppo avanti. Mentre Midjourney, Flux o Ideogram creano estetiche visive che convincono sia artisticamente che emotivamente, Firefly appare come uno strumento di un’altra epoca: solido, ma privo di magia. Ancora peggio: nella versione beta attuale di Photoshop, Adobe utilizza già modelli di terze parti come Google Gemini. Non è un segno di apertura, ma di debolezza. Un leader di mercato che deve integrare i propri concorrenti ha perso la propria autorità tecnologica.
Il modello in abbonamento come bomba a orologeria
La più grande forza di Adobe – il sistema di noleggio – rischia ora di rivoltarsi contro l’azienda stessa. Gli strumenti di IA basati su browser o i modelli open source consentono un’elaborazione professionale delle immagini a chiunque, spesso gratuitamente e con una qualità in costante crescita. Perché quindi pagare un canone mensile, quando un modello disponibile liberamente offre risultati simili o migliori? Ciò che un tempo significava fedeltà, oggi è motivo di fuga. Anche i creativi più fedeli iniziano a cambiare – non per protesta, ma perché il sistema in abbonamento appare come un relitto dell’era pre-IA.
Dal prodotto alla piattaforma
Adobe si trova di fronte a una scelta: trasformarsi da fornitore di software in locazione a fornitore di infrastrutture – oppure essere superata da concorrenti più agili. Una possibile via sarebbe aprire la Creative Cloud e trasformarla in una vera piattaforma, dove gli utenti possano scegliere tra diversi modelli di IA. In questo modo Adobe potrebbe mantenere il controllo sul flusso di lavoro creativo, anche senza essere più l’unica creatrice. Ma questo passo significherebbe cannibalizzare il proprio modello di business – un evento raro nella storia dei grandi conglomerati.
Un’aura perduta
Il problema di Adobe non è la tecnologia, ma il mito. Per decenni il marchio ha rappresentato gli strumenti dei professionisti – “Made with Adobe” era un marchio di qualità, una prova di competenza creativa. Oggi questo significato si sta capovolgendo: chi lavora ancora con Photoshop appare sempre più conservatore e legato a routine superate. La creatività guidata dall’IA non ha marchio, né suite, né login. È effimera, collettiva e aperta – uno spazio in cui la paternità viene ridefinita. Ed è proprio questa l’avversaria più grande di Adobe: l’idea che la creatività non appartenga più a nessuno.
Il momento BlackBerry
Adobe vive ancora della propria reputazione, del suo ecosistema e delle abitudini dei suoi utenti. Ma la storia dei grandi colossi tecnologici mostra quanto rapidamente il potere possa trasformarsi in irrilevanza, quando un’azienda rimane troppo a lungo ancorata al proprio modello. Se Adobe non riconosce che l’IA potrebbe essere per l’azienda ciò che l’iPhone è stato per BlackBerry, la storia si ripeterà. Chi non osa cambiare verrà sostituito dal cambiamento – e rimarrà come un ricordo di un’epoca in cui il controllo era ancora scambiato per progresso.




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