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L’Archivio della stanchezza

ZARA THE ARCHIVE (ottobre 2025) – Sull’estetica della neutralità e l’eleganza senza emozione.
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The Archive of Fatigue
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ZARA presenta ancora una volta con “THE ARCHIVE” una collezione che confonde l’atteggiamento con il silenzio. Tra colori neutri e silhouette controllate non emerge una nuova estetica, ma solo la perfezione della stanchezza.

La bella immobilità

“THE ARCHIVE” di ZARA sembra un tentativo disperato di conservare la rilevanza. Ma ciò che qui viene venduto come profondità non è altro che la riproduzione di un’estetica già irrigidita alla radice. Il principio è noto: COS, Massimo Dutti, Mango Man, Uniqlo U – tutti offrono la stessa eleganza neutralizzata, lo stesso distacco educato. I cappotti sono pesanti ma non significativi, le giacche ordinate ma prive del minimo impulso nuovo. La moda appare professionalmente eseguita e funziona perfettamente, ma non trasmette più vita. È diventata sterile.

Il materiale come simulazione

Lana, twill e strati di nylon trapuntato suggeriscono stabilità, anche quando non ce n’è. La tattilità diventa scenografia. I tessuti sembrano sostenersi da soli, non le persone che li indossano. Le transizioni tra funzione e forma sono levigate, quasi cliniche. Quello che ZARA propone qui è arte – ma involontaria. Si potrebbe toccare ogni capo senza sapere nulla di chi lo indossa. È materiale senza carattere – corretto, economico, intoccabile. Come di consueto, ZARA mette in scena anche in questa collezione una purezza industriale come nuova forma di stile.

La paura dell’errore

I capi non mostrano rotture nate dalla curiosità. Ogni taglio appare calcolato e ogni proporzione studiata, al punto che non resta più alcuna raffinatezza percepibile. Persino la luce della campagna sembra filtrata per evitare ombre indesiderate. Questa moda non conosce angoli né imperfezioni che possano disturbarla. Non vuole appartenere a nessuno – vuole piacere. E proprio qui risiede la sua strategia. L’affidabilità viene venduta non come etica, ma come stile. La sicurezza sostituisce la curiosità. Chi cerca qualcosa di diverso ha già perso.

Il codice psicologico

“THE ARCHIVE” racconta di una società che tenta di rassicurarsi attraverso un’estetica silenziosa. Beige, grigio e nero non sono più colori, ma misure di protezione contro un mondo rumoroso. Comunicano competenza e resistenza. La disciplina esiste solo come forma, non più come atteggiamento. Chi indossa questi capi diventa una superficie di proiezione: efficiente, neutrale, sempre disponibile. Non è moda per individui, ma una divisa per il sé post-individuale – la variante formale dell’autottimizzazione in un mondo capitalistico e freddo.

La forma della scomparsa

I modelli di questa campagna non posano: sono disposti come figure rigide, quasi amministrate. I loro corpi non rappresentano più individualità, ma ordine. Gli sguardi evitano qualsiasi contatto. Sembrano appartenere a un’amministrazione del silenzio. Con la loro estetica ricordano i “Signori Grigi” di Momo, emissari del tempo che trasformano ogni vitalità in sistema. Gli uomini non mostrano emozioni né gesti – solo la forma sottile del proprio silenzio. La luce è uniforme, la prospettiva neutra, la postura impiegatizia. L’uomo è quasi scomparso; resta solo una presenza senza coscienza.

L’archivio del presente

“THE ARCHIVE” suona come memoria, ma intende solo amministrazione.
In realtà, qui vengono archiviati soltanto indifferenza e irrilevanza. In questo archivio dell’abbigliamento non si conserva la moda, ma l’esaurimento della sua idea. L’ordine sostituisce l’attitudine, la ripetizione prende il posto del rischio. È il protocollo estetico di una società stanca di distinguersi. “THE ARCHIVE” non mostra ciò che la moda può essere, ma ciò che ne resta quando elimina ogni imprevedibilità.



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