In dieci risposte, il fotografo Davide Edoardo racconta su HYPERMADE di fiducia, direzione dello sguardo e della forza silenziosa dell’intimità visiva.
HYPERMADE: Caro Davide, nasce un progetto come Bad Boy Charm? È partito da un’intuizione estetica o da un’idea più narrativa?
Davide Edoardo: Direi che è nato principalmente da un’intuizione estetica. Quando scatto, cerco sempre di partire con un’idea di base e con l’obiettivo di pubblicare il servizio su una piattaforma specifica (in questo caso MMScene). Tuttavia, progetti come questo nascono sempre in modo molto spontaneo: spesso collaboro con persone che mi contattano tramite i social e in cui vedo un potenziale interessante.
HYPERMADE: Cosa cerchi in una figura prima ancora di fotografarla?
Davide Edoardo: Un volto che riesca a comunicare qualcosa attraverso un semplice sguardo.

Per gentile concessione di Davide Edoardo
HYPERMADE: Che rapporto hai con la seduzione nell’immagine? È un effetto collaterale o un obiettivo?
Davide Edoardo: La seduzione è un aspetto importante. Quando scatto, il soggetto deve sentirsi a proprio agio, fidarsi di me, sapere di essere in un
ambiente sicuro. Ma attraverso l’obiettivo è consapevole che sta posando per chi poi quella foto la vedrà. Quindi creare uno spazio in cui può “sedurre” lo spettatore, con naturalezza, è una mia priorità. Nel caso di Bad Boy Charm, pubblicato in esclusiva da MMScene, il lato seduttivo del modello è emerso subito ed è diventato un obiettivo dichiarato.
HYPERMADE: Come definiresti il tuo modo di lavorare: più istintivo o più
costruito?
Davide Edoardo: Dipende dal contesto. Di base, da fotografo di moda e ritrattista, mi piace pianificare: studiare il mood e poi realizzare lo scatto in studio. Ma è l’interazione sul set a creare la vera magia, l’inaspettato. A volte però, se ne vale la pena, mi piace anche scattare in contesti più “live” come le performance di qualche amico artista o i backstage delle sfilate: lì modelli o modelle sono pronti per sfilare con hair and make-up realizzati da team di professionisti. Per me è come trovarsi su un set di un film, e mi diverto a cogliere scatti “rubati” in modo istintivo.
HYPERMADE: I tuoi ritratti sembrano spesso ruotare attorno alla presenza del corpo. Che ruolo ha per te?
Davide Edoardo: Dipende dal tipo di servizio. Il ritratto resta la mia passione: sono attratto dal volto, dalle espressioni, dallo sguardo. Ma sicuramente con la fotografia di moda il corpo permette di rendere l’immagine più dinamica e interessante. Per questo, ultimamente lo sto esplorando sempre di più.

Per gentile concessione di Davide Edoardo
HYPERMADE: Cosa ti fa dire, durante uno shooting: “Questo è il momento
giusto”?
Davide Edoardo: Durante uno shooting, anche mentre spiego al soggetto cosa voglio ottenere, spesso noto uno sguardo, una posa, un dettaglio che mi colpisce. Per questo tengo sempre la macchina pronta: magari scatto mentre parlo o chiedo di riprodurre una determinata espressione. Molte persone, soprattutto se non sono modelli, si irrigidiscono davanti alla fotocamera. Cercano pose “sicure”, in cui sanno che vengono bene. Ma questo genera monotonia. Io invece cerco di mixare le situazioni e di coglierli anche nei momenti in cui non se lo aspettano.
HYPERMADE: Quali riferimenti visivi senti vicini – anche al di fuori della
fotografia?
Davide Edoardo: Sicuramente quello cinematografico. In fotografia, i grandi maestri del passato e contemporanei, da Helmut Newton a Peter Lindbergh, da Albert Watson a Paul Kooiker, fino a Jack Davison e Nadia Lee Cohen. Apprezzo molto anche l’intuizione e il lavoro dei fotografi “behind-the-scenes”, come Tazio Secchiaroli, uno dei fotografi italiani che ispirarono il termine “paparazzo”, coniato da Fellini in La Dolce Vita, e che nel corso della sua carriera si avvicinò anche alla fotografia in studio, più “patinata”. Alcune sue foto di Sophia Loren, con cui aveva un rapporto di amicizia, sono stupende. Amo anche il lavoro dei fotografi della Magnum, in particolare quelli che venivano inviati sui set cinematografici per catturare gli attori nei momenti di intimità o mentre si stavano preparando. Ricordo che da ragazzino avevo un libro che raccoglieva queste fotografie, e non so quante volte l’ho sfogliato…
HYPERMADE: C’è qualcosa che eviti consapevolmente nelle tue immagini?
Davide Edoardo: Cerco di evitare i trend, che anche nel mondo della fotografia sono molto presenti.

Per gentile concessione di Davide Edoardo
HYPERMADE: Come pensi che stia cambiando il modo in cui rappresentiamo il maschile oggi?
Davide Edoardo: Oggi i social hanno un grande impatto sulla rappresentazione maschile, spesso molto legata a un certo ammiccamento erotico, perché funziona in termini di engagement. A meno che non ci sia
dietro un obiettivo di rappresentazione erotica voluto e preciso,
personalmente, preferisco raccontare una dolcezza e una delicatezza
che visivamente contrastano magari con un fisico forte o un look deciso.
HYPERMADE: Cosa rappresenta per te la fotografia in questo momento della tua vita?
Davide Edoardo: È come respirare. Per anni ho fatto altro: ho avuto una bellissima carriera nella moda, mi occupavo di prodotto, ma avevo sempre una macchina fotografica in borsa. Dopo la pandemia quel pensiero, ovvero trasformare la passione in professione, si è fatto sempre più forte. Alla fine ho trovato il coraggio, perché era diventato un bisogno impellente che non potevo più ignorare.
HYPERMADE: Grazie, Davide, per il tuo tempo, i tuoi pensieri e il tuo sguardo sincero attraverso l’obiettivo.

Per gentile concessione di Davide Edoardo
Davide Edoardo è un fotografo italiano basato a Londra. Dopo una lunga esperienza di prodotto nel settore moda, nel 2023 ha deciso di trasformare in professione la sua passione per la fotografia, che lo accompagna fin dall’infanzia. Il suo lavoro si concentra principalmente sulla ritrattistica e sulla fotografia di moda, ma adotta spesso anche un taglio documentaristico, come nel caso dei backstage delle sfilate o quando scatta il dietro le quinte di un video musicale o di un altro evento. Le sue immagini, prevalentemente in bianco e nero, raccontano una storia, anche attraverso un semplice ritratto: sono essenziali ma evocative.